Intervista al Card. Ruini: prospettive per un rinnovato impegno prolife
(Pubblicato su “La voce della Vita”, edizione Settembre 2015)
Oggi più che mai, in una società complessa e sempre più “liquida”, per usare le parole di Bauman, abbiamo bisogno di certezze e Verità. Ed è proprio che “la Verità ci renderà liberi”: questo il motto di S.Em. Card. Camillo Ruini, Vicario Generale Emerito di Sua Santità per la Diocesi di Roma,da sempre in prima linea per la difesa dei temi etici, il quale ha rilasciato una meravigliosa intervista al Cav Roma Talenti proponendo ai volontari e ai lettori preziose prospettive per una concreta difesa della vita umana, in tutte le sue dimensioni. Dalla cultura dello scarto alla prevenzione all’aborto, dal presunto diritto al figlio ai problemi del fine vita, passando per la «anti-umana» pratica dell’utero in affitto.
D- Eminenza, la vita umana in questo momento storico-culturale è seriamente minacciata, la cultura dello scarto sembra prevalere. In una società sempre più secolarizzata e permeata dal relativismo, quali, secondo Lei, dovrebbero essere gli strumenti mediante i quali il mondo pro-life dovrebbe proporre la cultura della vita?
R- Il primo strumento rimane sempre la testimonianza, sia personale sia comunitaria: una testimonianza esplicita, coraggiosa e al contempo rispettosa e caritatevole. Un secondo strumento è la cultura, il lavoro culturale, che richiede la fatica del pensiero e dello studio ma anche, nella società di oggi, la capacità di comunicare attraverso i media e i loro linguaggi. Naturalmente, per chi è credente, lo strumento più efficace è la preghiera, perché solo Dio può convertire i cuori e le intelligenze.
D- Uno dei paradossi culturali moderni è quello di rivendicare come pseudo – diritti semplici desideri, spesso capricci, scelte orientate da un individualismo sempre più preponderante, tale da riconoscere, anche grazie a recenti pronunciamenti giurisprudenziali, un presunto diritto al figlio. Qual è la Sua opinione in merito?
R- Il “diritto al figlio” è un capovolgimento della realtà delle generazioni: sono infatti le generazioni precedenti a doversi dedicare e sacrificare per quelle successive, e non viceversa. Il diritto al figlio implica invece che i figli siano per i genitori, e non i genitori per i figli. Siamo in contrasto con ciò che è umano e anche con ciò che si verifica in tutto il mondo animale.
D- Ogni problema è sempre meglio prevenirlo che curarlo, tanto più quando parliamo della realtà dell’aborto, essendo questa il fallimento più grande ad una sfida della vita. Una buona prevenzione sul tema dell’aborto e una seria e rinnovata educazione alla sessualità potrebbero rivelarsi validi argini al problema. Quale, secondo Lei, potrebbe essere la strategia educativa e comunicativa più efficace?
R- Una cosa semplice ma fondamentale è far conoscere la vera realtà dell’aborto alle tante persone che non ne sono ben consapevoli a causa del linguaggio “politicamente corretto” oggi predominante. L’aborto è in realtà l’uccisione di un soggetto umano, distinto dal soggetto della madre, e certamente innocente: questo dice tutto.
D- In questi giorni la cronaca internazionale si è concentrata sulla tormentata storia di Lambert Vincent, trentottenne francese che da sette anni versa in stato vegetativo a seguito di un incidente in moto, accendendo nuovamente i riflettori sulla tematica dell’eutanasia. Anche in questo caso la cultura dello scarto identifica il malato come un peso, un costo sanitario evitabile, e non ciò che veramente è: una vita degna di essere vissuta. Qual è la Sua opinione in merito?
R- La questione di fondo è cosa sia, o chi sia, la persona umana: se ogni persona come tale è un fine e non è mai soltanto un mezzo, allora nessun uomo o autorità umana può decretare la fine della sua esistenza.
D- La pratica dell’utero in affitto, la nuova schiavitù del terzo millennio, sta cercando di insinuarsi furtivamente nell’ordinamento italiano, grazie anche ai venti progressisti europei, anche se con molte resistenze su vari fronti. La deriva ideologica dei supermarket delle nascite sembrano non trovar terreno fertile in Italia. Qual è la Sua opinione in merito?
R- In Italia si pretenderebbe che le donne “affittino” gratuitamente il proprio utero: una cosa che non ha senso, se ci rendiamo conto di quale sia l’impegno e il sacrificio personale di una gravidanza. Se invece abbiamo il coraggio di guardare in faccia la realtà, allora dobbiamo concludere, come si fa nei paesi in cui questa pratica è presente, che tali donne vanno retribuite: così diventa chiaro che si tratta di una compravendita delle persone, per quanto anti-umano possa essere questo concetto.
Massimo Magliocchetti
Operatore e Responsabile Comunicazioni
Cav Roma Talenti