Caso Nord -Irlandese, nuovi passi verso il diritto all’aborto?
(Edizione Gennaio 2016 – “La Voce della vita“)
In Europa ormai quasi tutti gli stati consentono di abortire legalmente, solo in alcuni vigono delle norme più o meno restrittive. Nell’ Irlanda del Nord l’aborto è consentito in casi in cui la gravidanza possa rappresentare un pericolo concreto per la vita della madre, mentre la legge dispone la pena dell’ergastolo per le donne che praticano aborti illegali.
La Corte Suprema nordirlandese, in una sentenza del 30 Novembre, ha definito la legge in questione in contrasto con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). In particolare, risulterebbe una violazione dei diritti fondamentali l’impossibilità di abortire per le donne che hanno subito uno stupro o nei casi in cui il feto presenti delle gravi malformazioni.
A detta della Corte, l’impossibilità di abortire avrebbe compromesso spesso la salute delle donne. Ogni anno, molte di loro scelgono di andare in Regno Unito, dove una legge del 1967, l’Abortion Act, consente loro l’interruzione della gravidanza. Ciò può risultare dannoso per la loro salute: la necessità di risparmiare per il viaggio le porta a posticipare la partenza, obbligandole spesso ad interrompere la gravidanza quando è in uno stadio avanzato, aumentando così i rischi dell’operazione. La sofferenza fisica indirettamente inflitta ai propri cittadini costituirebbe una violazione dell’articolo 3 della CEDU (Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti). Secondo dei precedenti analoghi in Irlanda, simili fattispecie porterebbero anche alla violazione dell’articolo 8 (L’autorità può interferire nella vita privata solo in casi previsti dalla legge che non arrechino danno alla persona).
Ad oggi, il divieto di aborto non è in contrasto con il diritto della Cedu. Tuttavia, nonostante la Cedu non possa obbligare gli Stati a modificare integralmente le proprie leggi sull’aborto, in quanto appartengono al campo di competenze dei singoli stati, può altresì ammonire lo stato membro colpevole di non assicurare a pieno la salute dei suoi cittadini, sollecitandolo a modificare la legislazione. Le sofferenze lamentate da molte donne, assieme alla recente sentenza della Corte Suprema, potrebbero portare quindi, verosimilmente, ad una modifica della legislazione che preveda la liceità dell’aborto nei casi in cui la donna sia stata vittima di violenza, di incesto o nei casi in cui il feto presenti malattie o malformazioni gravi.
È da escludere, al momento, un estensione dell’Abortion Act all’Irlanda del Nord: i cittadini sembrano ancora contrari alla legge vigente nel resto del Regno Unito, ma, secondo i sondaggi, sarebbero favorevoli ad una modifica della legge in materia di aborto per quanto riguarda i casi limite già elencati.
Mattia Patriarca