Articolo pubblicato su “La Voce della Vita” Ed. Giugno 2016
La parola Matrimonio si basa su un vocabolo latino, “Matrimonium”. Esso è composto dal genitivo singolare di “Mater” (della madre) e da “munus” (dono, ma anche dovere, compito. Nel senso: ciò che ci è stato donato, abbiamo il compito di riadoperarlo). Al concetto di unione fra i due sposi si unisce l’enfasi della società antica romana data al concepimento, alla continuazione della famiglia e generazione di un erede. Alla parola Matrimonio, si contrappone “Patrimonium”, dal genitivo di Pater (del padre) e lo stesso munus: il compito della madre si realizza in un ambito affettivo procreativo, nella generazione del figlio; riguarda l’aspetto civile ed economico, con il sostentamento dei familiari. I compiti e responsabilità dell’uomo e della donna sono nettamente divisi, e tuttavia complementari e necessari per una società patriarcale.
In ambito romano la possibilità al matrimonio era data dal connubium, uno stato giuridico personale, la qualificazione di attitudine all’unione civile con una donna. Questo, tra i vari fattori, era influenzato dalla classe sociale. Fine primo del Matrimonio era quello dell’ereditarietà. Chi non faceva parte delle classi alte, e quindi non possedeva sostanze, non aveva bisogno, né possibilità, di un erede.
Il termine famiglia, lat. “Familia” probabilmente viene dall’osco, “faama”, cioè casa. Da qui in latino famuli, i membri familiari, persone nella stessa casa. Questi formano una vera e propria comunità allargata, comprendente anche i servi. Primo membro è il pater familias, ai quali tutti gli altri devono obbedienza. Ogni familia possiede una terra, delle leggi interne e una vasta gamma di clientes, uomini liberi che si obbligano al patronus in cambio di favori e protezione.
In sintesi, il matrimonium è un patto tra due persone, in cui ognuna delle due ha compiti precisi e una finalità designata, la procreazione e quindi la continuazione della famiglia. La familia è un insieme ampio di persone, con legami sanguigni, ma anche clientelari e di interesse, al controllo di un grande capo.
I rapporti che intercorrono tra i membri sono nettamente diversi: se nel matrimonio il rapporto è biunivoco, orizzontale, in cui ciascun membro assume dignità dal ruolo unico che rappresenta e per il quale è indispensabile, la familia si caratterizza come piramide, nella quale ascendendo si sale anche di importanza.
Ora che tutto è cambiato, siamo cresciuti, ci siamo evoluti, abbiamo scoperto e ci siamo abbandonati a nuove regole e non regole, non sarebbe deleterio a mio modo di vedere compiere un passo indietro, e i valori antichi, o almeno poter far di nuovo nostro ciò di cui abbiamo bisogno: il matrimonio, un sì forte, deciso, come legame saldo tra due individui verso un obiettivo comune, il cui centro non sia il benessere degli stessi, quanto della progenie, dei bambini, degli indifesi; e una nuova riscoperta della famiglia, di un legame scritto nel sangue, che implica rispetto verso ogni membro, partecipazione, e comune sostegno. Verso una società che, sempre meno accompagnata dall’alto, ha bisogno di ripartire da basi solide sulle quali l’uomo ha fatto affidamento da millenni: dall’aiuto reciproco, dal rispetto delle autorità, dalla sussidiarietà, da saldi valori morali. Elementi spesso scomodi e tuttavia necessari, per trasformare una società depressa e in decadenza verso una comunità vivibile ed in crescita, il cui centro sia l’essere umano.
Luca Bevagna