La testimonianza come antidoto alla cultura della morte
Per risolvere un problema come quello dell’aborto, più che intervenire sulle conseguenze, è utile cercare di prevenirlo indagandone le premesse. Questa triste realtà può essere arginata con determinati accorgimenti e, soprattutto, con molto impegno.
L’azione più concreta in tal senso è la testimonianza: le madri che hanno rinunciato alla scelta dell’aborto possono donare la propria esperienza sotto due diversi aspetti: testimoniare il valore della vita che hanno deciso di accogliere e la felicità che ne è scaturita, anche in un momento di grande difficoltà.
La testimonianza come strumento preventivo viene prima della sensibilizzazione, fronte che deve comunque rimanere aperto. L’incontro diretto con l’altro ha un maggiore impatto sulla persona e sulle sue scelte. La relazione tra due persone è sicuramente feconda: riesce ad orientare con più consapevolezza una scelta, può arrestarne un’altra.
Presa coscienza del relativismo etico che cerca sempre più di soffocare la verità proponendo false libertà alla società odierna, occorre tornare alla concretezza, all’esperienza di chi ha vissuto la drammaticità di questa scelta ed ha sperimentato la bellezza della vita, oppure il vuoto incolmabile di una vita persa che non tornerà.
Infatti anche testimoniare la sofferenza derivata da una scelta sbagliata può aiutare a capire la realtà effettiva dell’aborto, troppo spesso nascosta e banalizzata dietro il termine politicamente corretto di “interruzione di gravidanza”.
Come strumento preventivo la testimonianza si dimostra quello migliore: un efficace antidoto alla silenziosa cultura della morte.
Mattia Patriarca