Nel nostro paese, tra il 2000 e il 2010, sono stati moltissimi i casi di adozione internazionale, nonostante il periodo di crisi che ha caratterizzato l’Italia nel corso di questo decennio. Che cosa si intende però per adozione internazionale?
L’adozione internazionale è l’adozione di un bambino straniero fatta nel suo paese, regolata dalle autorità e dalle leggi di quest’ultimo. Perciò si tratta di un istituto giuridico che consente l’acquisto della qualità di figlio legittimo dei coniugi adottanti, con nazionalità diversa, facendo così cessare qualsiasi legame giuridico con la famiglia biologica (artt. 29bis e 40 legge 184/83).
Con la legge 184/83 le adozioni internazionali furono numerose e la cosa era buona in parte, poiché se da un lato si diminuivano i casi di abbandono dei minori provenienti da paesi con maggiori difficoltà, da un lato si rischiava di avere delle inevitabili vere e proprie compravendite dei suddetti minori. Fu proprio per evitare quest’ultimo evento che fu istituita, dalla comunità internazionale, la Convenzione dell’Aja nel 1993, ratificata in Italia con la riforma della vecchia legge 184/83 con la 476/98, che , all’art. 29 disciplina in modo più complesso il regime dell’adozione internazionale, offrendo maggior sicurezza al minore e un migliore sostegno alle coppie, lasciando invariati i requisiti degli adottanti e gli effetti dell’adozione. Quali sono questi requisiti?
La procedura di adozione internazionale è molto complessa ma soprattutto si rifà ai requisiti previsti per l’adozione nazionale (ex art.184/83). Infatti per poter adottare è necessario essere coniugi uniti in matrimonio da almeno 3 anni, o in numero minore se i coniugi hanno convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo anch’esso di tre anni; i coniugi in oltre devono superare i 18 anni e non avere più di quarantacinque anni di differenza con l’adottando (art. 6 legge 184/83). Altro requisito fondamentale è che i genitori devono essere idonei ad educare ed istruire, ed in grado di mantenere i minori che intendono adottare.
Se i coniugi sono idonei ai requisiti previsti dall’art. 6, dovranno presentare una dichiarazione di disponibilità all’adozione internazionale al tribunale dei minori dove sono residenti; successivamente gli Enti locali svolgeranno delle indagini per verificare l’effettiva idoneità dei requisiti dei coniugi, conoscendoli e valutandone le potenzialità genitoriali; dopo un’attenta analisi verrà stilata una relazione che sarà consegnata al tribunale dei minori che, se vorrà,compirà altri approfondimenti e infine se deciderà se rilasciare o meno un decreto di idoneità oppure stilare un decreto di insussistenza di adozione.
Entro un anno, se ricevuto il decreto di idoneità, i coniugi debbono iniziare la procedura di adozione internazionale, rivolgendosi ad uno degli enti autorizzati della Commissione per le adozioni internazionali.
L’ente svolge le complesse pratiche della procedura di adozione e trasmette tutta la documentazione relativa al bambino alla Commissione per le adozioni internazionali. Successivamente, la Commissione autorizza l’entrata in Italia del bambino e dopo un periodo preadottivo, il tribunale invita a concludere la procedura con la trascrizione dell’adozione nei registri civili da parte dei due coniugi.
Esso è un istituto giuridico molto complesso e molto lungo da sviluppare, ma garantisce un’effettiva tutela per quei minori che ancora oggi si trovano in situazioni di abbandono, in paesi che ,purtroppo, non riescono a garantirgli quei diritti e quelle tutele di cui hanno bisogno.