MORIRE DI PARTO: IN ITALIA?
Eventi tragici quanto imprevedibili? O malasanità?
(Ed. Gen. 2016 – “La Voce della Vita“)
L’Italia, ad onore del vero e anche per una riconoscenza questa volta meritata, è tra le 10 nazioni con il più basso tasso di mortalità materna: dato pubblicato e sottoscritto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Ma allora, cosa è accaduto?
Anna, Angela, Marta e Giovanna.
Questi i nomi delle mamme decedute per cause ancora tutte da accertare, negli ultimi giorni del 2015. Tutte situazioni diverse ma con un unico tragico epilogo. Poteva essere evitato almeno qualche caso? Serena Donati, responsabile del Sistema sorveglianza mortalità materna dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), risponde ad alcune domande
D. Siamo di fronte ad una tragica casualità o ci sono motivi di sospettare potessero essere morti evitabili?
R. Direi decisamente una tragica fatalità. Nel senso che la mortalità materna nel nostro Paese è un evento estremamente raro: parliamo di 10 morti materne ogni 100 mila bambini che nascono vivi, quindi un evento molto raro. E purtroppo, tutti gli eventi rari si distribuiscono nel tempo in maniera molto insolita e capricciosa, per cui abbiamo tanti eventi in un intervallo di tempo molto breve, poi magari abbiamo mesi senza alcun evento. Quindi, è una casualità che non rispecchia in alcun modo la qualità dell’assistenza nel nostro Paese. Noi, per fortuna, abbiamo un sistema di sorveglianza che ci permette di avere un dato rispetto a quante morti ci attendiamo ogni anno nel Paese e noi sappiamo che questi 5 decessi rientrano nei circa 50 decessi annui che si verificano nel nostro Paese a seguito di gravidanza, parto e puerperio.
D. Questi dati che lei ha citato, e che pongono l’Italia tra i primi dieci Paesi per una mortalità materna più bassa, sono dati aggiornati?
R. Noi abbiamo un dato che è prodotto da un sistema di sorveglianza che è finanziato dal ministero della Salute ed è coordinato dall’Istituto superiore di sanità e che al momento copre il 73% dei nati del Paese, con otto regioni importanti ben distribuite tra il Nord, il Centro e il Sud del Paese. Questo dei 10 per 100 mila è un dato che abbiamo prodotto qui in Istituto, ed è relativo agli anni 2006-2012 in sei di queste otto regioni, che coprono la metà dei nati del Paese. Quindi è un dato affidabile, solido, che ha corretto una stima che non è precisa quando viene fatta esclusivamente attraverso i certificati di morte. Per cui, ogni decesso materno che avviene nel Paese in queste regioni che partecipano alla sorveglianza viene studiato nel dettaglio per capire se ci sono delle criticità nell’assistenza o nell’organizzazione dell’assistenza che possano essere migliorate e che ci possano aiutare a ridurre le morti evitabili. Si stima che nei Paesi socialmente avanzati, circa il 50% delle morti possa essere evitato. Quindi, il sistema di sorveglianza è in piedi non solo per avere un dato corretto, completo, valido con cui confrontarci con il resto del mondo, ma principalmente per capire dove e come possiamo migliorare per ridurre a zero le morti evitabili. Non possiamo ridurre a zero la mortalità materna: nessuno può farlo, in nessun Paese del mondo. Però possiamo cercare, appunto, di limitare quei casi in cui un miglioramento nell’assistenza ci metta nella condizione di ridurre i casi prevedibili.
D. In questi giorni, il presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia, il dr. Paolo Scollo, ha rassicurato sulla sicurezza del Sistema sanitario in Italia ma ha pure detto che si può fare forse di più nel monitorare le gravidanze. Ad esempio, ha citato il caso di due tra le donne morte che avrebbero sofferto di obesità…
R. Sui casi recenti non abbiamo ancora la documentazione clinica per poter esprimere un parere in merito. In assoluto, noi sappiamo che esistono dei fattori di rischio per la mortalità materna, che sono l’età materna avanzata, il basso livello di istruzione e anche una condizione di obesità rappresenta un fattore di rischio per una gravidanza che si complica più facilmente. Quindi, noi sappiamo qual è l’identikit delle donne a rischio, e l’Istituto – da questo punto di vista – si è fatto carico in pieno della sorveglianza, non soltanto raccogliendo i dati ma promuovendo anche tutte le azioni necessarie a migliorare l’assistenza. Per esempio, per l’emorragia del post-partum, che è la prima causa di mortalità nel nostro Paese, l’Istituto ha già predisposto un corso di formazione a distanza per i professionisti sanitari, sta poi preparando una linea-guida sulla prevenzione e il trattamento dell’emorragia post-partum ed ha iniziato una raccolta di dati attraverso uno studio nelle regioni che partecipano, per capire nel dettaglio quali siano le criticità delle donne che arrivano quasi a morire ma non decedono per questa patologia. Quindi, si fa formazione, si producono raccomandazioni per la pratica clinica, si fa aggiornamento, si fa ricerca, proprio per ridurre anche quella piccola quota di evitabilità che ci consentirebbe di ridurre un po’ questo numero che è già comunque molto contenuto. (Fonte: http://it.radiovaticana.va/news/)
Come sempre avviene in circostanze come queste, la Procura ha aperto le indagini disponendo l’autopsia sui corpi delle donne e dei loro piccoli. Una verifica imposta anche dall’arrivo dell’ispezione ministeriale disposta dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: «La task force composta dai Dirigenti del Ministero e dell’Agenas, dai Carabinieri del Nas, dal rappresentante delle Regioni – si legge in una nota del Ministero – dovrà accertare se a determinare i decessi abbiano contribuito difetti organizzativi e se siano state rispettate tutte le procedure previste a garanzia della qualità e sicurezza delle cure. I risultati delle ispezioni verranno resi noti nei prossimi giorni e, indipendentemente da eventuali responsabilità dirette, saranno oggetto di approfondimenti e di ulteriori iniziative da parte del ministro».
Stefania De Angelis