Francesco ai volontari CAV: siete i moderni samaritani

Fonte: www.siallavitaweb.it
Il sito ufficiale di informazione del Movimento per la Vita.

Città del Vaticano 6nov2015 – Papa Francesco ha ricevuto oggi in vaticano i volontari degli oltre 350 Centri di aiuto alla vita che fanno parte del Movimento per la vita. Il Pontefice ha detto:

Cari fratelli e sorelle del Movimento per la vita!

Siete venuti a Roma da ogni parte dell’Italia per partecipare al vostro convegno nazionale e rinnovare ancora una volta l’impegno di difendere e promuovere la vita umana. Vi saluto tutti cordialmente, ad iniziare dal vostro Presidente, che ringrazio per le parole con le quali ha introdotto questo incontro. Vi incoraggio a proseguire la vostra importante opera in favore della vita dal concepimento al suo naturale tramonto, tenendo conto anche delle sofferte condizioni che tanti fratelli e sorelle devono affrontare e a volte subire.

Nelle dinamiche esistenziali tutto è in relazione, e occorre nutrire sensibilità personale e sociale sia verso l’accoglienza di una nuova vita sia verso quelle situazioni di povertà e di sfruttamento che colpiscono le persone più deboli e svantaggiate. Se da una parte «non appare prati­cabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circondano […] quando non si dà pro­tezione a un embrione umano» (Lett. enc. Laudato si’,120), dall’altra parte «la vita umana stessa è un dono che deve essere protetto da diverse forme di degrado» (ibid., 5). Infatti, dobbiamo constatare con dolore che sono tante le persone provate da condizioni di vita disagiate, che richiedono la nostra attenzione e il nostro impegno solidale.

Il vostro non è solo un servizio sociale, pur doveroso e nobile. Per i discepoli di Cristo, aiutare la vita umana ferita significa andare incontro alle persone che sono nel bisogno, mettersi al loro fianco, farsi carico della loro fragilità e del loro dolore, perché possano risollevarsi. Quante famiglie sono vulnerabili a motivo della povertà, della malattia, della mancanza di lavoro e di una casa! Quanti anziani patiscono il peso della sofferenza e della solitudine! Quanti giovani sono smarriti, minacciati dalle dipendenze e da altre schiavitù, e attendono di ritrovare fiducia nella vita! Queste persone, ferite nel corpo e nello spirito, sono icone di quell’uomo del Vangelo che, percorrendo la strada da Gerusalemme a Gerico, incappò nei briganti che lo derubarono e lo percossero. Egli sperimentò prima l’indifferenza di alcuni e poi la prossimità del buon samaritano (cfr Lc 10,30-37).

Su quella strada, che attraversa il deserto della vita, anche nel nostro tempo ci sono ancora tanti feriti, a causa dei briganti di oggi, che li spogliano non solo degli averi, ma anche della loro dignità. E di fronte al dolore e alle necessità di questi nostri fratelli indifesi, alcuni si voltano dall’altra parte o vanno oltre, mentre altri si fermano e rispondono con dedizione generosa al loro grido di aiuto. Voi, aderenti al Movimento per la vita, in quarant’anni di attività avete cercato di imitare il buon samaritano. Dinanzi a varie forme di minacce alla vita umana, vi siete accostati alle fragilità del prossimo, vi siete dati da fare affinché nella società non siano esclusi e scartati quanti vivono in condizioni di precarietà. Mediante l’opera capillare dei “Centri di Aiuto alla Vita”, diffusi in tutta Italia, siete stati occasione di speranza e di rinascita per tante persone.

Vi ringrazio per il bene che avete fatto e che fate con tanto amore, e vi incoraggio a proseguire con fiducia su questa strada, continuando ad essere buoni samaritani! Non stancatevi di operare per la tutela delle persone più indifese, che hanno diritto di nascere alla vita, come anche di quante chiedono un’esistenza più sana e dignitosa. In particolare, c’è bisogno di lavorare, a diversi livelli e con perseveranza, nella promozione e nella difesa della famiglia, prima risorsa della società, soprattutto in riferimento al dono dei figli e all’affermazione della dignità della donna. A questo proposito, mi piace sottolineare che nella vostra attività, voi avete sempre accolto tutti a prescindere dalla religione e dalla nazionalità. Il numero rilevante di donne, specialmente immigrate, che si rivolgono ai vostri centri dimostra che quando viene offerto un sostegno concreto, la donna, nonostante problemi e condizionamenti, è in grado di far trionfare dentro di sé il senso dell’amore, della vita e della maternità.

Cari fratelli e sorelle, sono certo che la vostra attività, ma prima ancora la vostra spiritualità, riceveranno uno speciale beneficio dall’imminente Anno Santo della Misericordia. Esso sia per voi forte stimolo al rinnovamento interiore, per diventare “misericordiosi come è misericordioso il Padre nostro” (cfr Lc 6,36). Affido ciascuno di voi e ogni vostro progetto di bene a Maria, Madre dei viventi. Vi accompagno con la mia benedizione, e vi chiedo per favore di pregare per me.

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L’adozione in Italia

 

I bambini dichiarati adottabili in Italia si attestano stabilmente a poco più di 1.000 l’anno.

Gran parte dei minori adottabili trova una famiglia adottiva in tempi relativamente brevi: ogni anno si registrano mediamente oltre 90 decreti di adozione ogni 100 dichiarazioni di adottabilità. Resta però una percentuale di minorenni che non vengono adottati, perché grandi e/o con disabilità accertata. Purtroppo, ancora ad oggi, non vengono forniti dati sull’età e su eventuali disabilità dei minori adottabili.

Inoltre, i casi dei bambini adottabili non sono “abbinabili” a tutte le disponibilità delle famiglie, presentate nei diversi Tribunali per i Minorenni italiani.

Le cause sono da ricercarsi in un duplice ordine di fattori:

  • nella mancanza della “Banca Dati Nazionale dei Minori Dichiarati Adottabili e delle coppie disponibili all’adozione”, benché siano trascorsi 10 anni da quando avrebbe dovuto essere operativa (entro il dicembre 2001); questo ritardo è particolarmente grave in quanto non solo avrebbe consentito di avere dati aggiornati sui minori che, pur adottabili, non vengono adottati, ma avrebbe anche facilitato il miglior abbinamento per i minori, mettendo in rete coppie adottanti e bambini adottabili di tutti i Tribunali per i Minorenni italiani;
  • nel mancato sostegno alle adozioni complesse, dal momento che risulta ancora inattuato il comma 8 dell’’art. 6 della legge 149/2001 secondo cui «Nel caso di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992 n. 104, lo Stato, le Regioni e gli enti locali possono intervenire nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età di diciotto anni degli adottati».

La progressiva diminuzione delle domande e delle coppie ritenute idonee, evidenziata dai dati sopracitati, potrebbe portare, nel medio periodo, ad una significativa diminuzione del numero di adozioni.

Le cause vanno ricercate nei seguenti fattori:

  • nei costi troppo elevati dell’adozione
    una recente ricerca del Cergas Bocconi colloca il valore delle spese sostenute dagli enti solo sul territorio nazionale in almeno 7.500 euro; tali costi si trasferiscono inevitabilmente sulle famiglie, rendendo molto oneroso il percorso adottivo, specie in un contesto complessivo di crisi economica. E sempre più numerose sono perciò le segnalazioni di famiglie che si avvicinano all’istituto dell’adozione internazionale, ma vi rinunciano proprio a causa dei crescenti oneri economici. Sintesi dei risultati della ricerca Cergas sono disponibili nei siti degli enti promotori dell’indagine come il CIAI, www.ciai.it o in www.famigliacristiana.it/; www.viasarfatti25.unibocconi.it.;
  • nell’innalzamento dell’età media dei bambini adottabili e nella tipologia di bimbi proposti per l’abbinamento
    come risulta dai dati sopracitati, i bambini che hanno bisogno di essere adottati sono sempre più grandi e/o con problemi di salute o con disabilità; a volte lo stesso decreto di idoneità contiene dei vincoli relativi all’età massima dei minori adottabili: tale prassi appare poco funzionale in considerazione del fatto che il momento dell’abbinamento avviene anche dopo diversi anni dalla pronuncia del decreto di idoneità e la coppia, nel frattempo, può avere maturato una diversa e maggiore capacità di accoglienza;
  • nei tempi di attesa molto lunghi
    i tempi lunghi (si calcolano dai 2 ai 4 anni di attesa) sono dovuti alla procedura per ottenere l’idoneità dal Tribunale per i minorenni, che spesso supera gli 8 mesi previsti per legge e alla procedura estera. Spesso le coppie non rappresentano una risposta alle realtà dei bisogni dei bambini segnalati dall’estero.

Con la pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale” del 25 febbraio 2013 n. 47 del decreto 15 febbraio 2013 del ministero della Giustizia diventa operativa la “Banca Dati delle Adozioni”.

L’attuazione della banca dati permette al sistema dell’adozione nazionale di ovviare ad alcune carenze presenti in precedenza: innanzi tutto è necessario mantenere aggiornato il censimento dell’intera popolazione di minori adottabili e non ancora adottati sull’intero territorio nazionale.

In questo censimento è opportuno inserire ogni informazione “idonea al miglior esito del procedimento” di adozione, quindi sono inclusi dati circa eventuali disabilità,  malattie, adolescenze difficili, problemi caratteriali,  esperienze di precedenti fallimenti adottivi, ecc. I tribunali hanno l’opportunità di mantenere sotto controllo i minori istituzionalizzati, la loro situazione fisica e psichica oltre a tenere aggiornata la loro storia che non si perde in eventuali documentazioni cartacee e frammentarie.

Risulta estremamente utile anche il censimento aggiornato dei potenziali genitori (coppie e single) disposti ad accogliere bambini “special needs” anche nell’adozione nazionale oltre che nell’adozione internazionale laddove da tempo, tramite la spinta degli enti autorizzati, si riscontra una certa disponibilità.

L’inclusione nella banca dati nazionale costituisce per la coppia una sorta di passo intermedio con valenza simile all’idoneità all’adozione internazionale: l’inizio dei tre anni di attesa durante i quali si può essere interpellati dai tribunali per le adozioni nazionali.

La storia della banca dati vede così la conclusione di un iter lungo una dozzina di anni:

  • 2001) prevista dall’articolo 40 della legge 28 marzo 2001 n. 149. “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184; recante ‘Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori’, nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile”.
  • 2004) con successivo regolamento, adottato con decreto 24 febbraio 2004, n. 91 sono state emanate le norme di attuazione e di organizzazione della banca dati, compresi i dispositivi per la sicurezza e la riservatezza dei dati.
  • 2013) pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale” del 25 febbraio 2013 n. 47 del decreto 15 febbraio 2013 del ministero della Giustizia che fa diventare operativa la “Banca Dati delle Adozioni”.

La suddetta banca dati è istituita presso il Dipartimento per la giustizia minorile e la sua gestione è attribuita al Capo del dipartimento per la giustizia minorile. La sua attuazione è firmata dal capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile,

Titolari del trattamento dei dati ai sensi dell’articolo 28 del D.L. n. 196 del 30 giugno 2003 (norme privacy) sono:

  • i tribunali per i minorenni,
  • le procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni,
  • i giudici tutelari,
  • le sezioni della famiglia presso le corti d’Appello,
  • le procure generali presso le corti d’Appello,
  • la Corte di Cassazione,
  • la procura generale presso la Corte di Cassazione.

L’alimentazione della banca dati è automatica e avviene tramite i registri informatizzati presso gli uffici dei tribunali per i minorenni. I dati sono conservati per il tempo previsto dalla suddetta normativa e in forma tale da consentire l’identificazione dell’interessato per un tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.

L’accesso alle informazioni è riservato a:

  • i tribunali per i minorenni,
  • le procure presso i tribunali per i minorenni,
  • ai magistrati degli altri uffici della giurisdizione minorile;
  • al personale appartenente agli uffici della giurisdizione minorile previa autorizzazione del capo dell’ufficio,
  • ai diretti interessati, con riferimento ai rispettivi dati personali e attraverso i tribunali per i minorenni o le procure presso i tribunali per i minorenni.

Per i minori dichiarati adottabili, la banca dati può contenere, a norma dell’articolo 6 del decreto 91/04, i seguenti dati personali:

  • dati anagrafici,
  • condizioni di salute,
  • famiglia di origine ed eventuale esistenza di fratelli, fermo restando quanto previsto dall’articolo 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificato dall’articolo 24 della legge 28 marzo 2001, n. 149, (riservatezza, regole di accesso ai dati d’origine, soggetti autorizzati, ecc.)
  • attuale sistemazione,
  • precedenti collocamenti,
  • provvedimenti dell’autorità giudiziaria minorile,
  • dati contenuti nei certificati del casellario giudiziale per i minorenni,
  • ogni altra informazione idonea al miglior esito del procedimento.

Per i coniugi o per le persone singole disponibili all’adozione, la banca dati può contenere i seguenti dati personali:

  • dati anagrafici,
  • residenza, domicilio, recapito telefonico,
  • stato civile,
  • stato di famiglia,
  • dati anagrafici dei genitori della coppia o della persona singola aspirante all’adozione,
  • condizioni di salute,
  • caratteristiche socio-demografiche della famiglia,
  • motivazioni,
  • altri procedimenti di affidamento o di adozione ed il relativo esito,
  • dati contenuti nei certificati del casellario giudiziale,
  • ogni altra informazione idonea al miglior esito del procedimento.

Stefania De Angelis

(in “La Voce della Vita”, ed. ottobre 2015)


Fonti

Ministero della Giustizia – www.giustizia.it

ANFAA – www.anfaa.it

 

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Se l’embrione non è un oggetto, cos’è?

La storica sentenza della Cedu sul Caso Parillo
riapre il dibattito sui diritti dell’embrione
.

 

  1. La CEDU sceglie di schierarsi col più debole.

Il 27 agosto 2015 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo[1] ha emesso una sentenza che può essere qualificata come storica: i giudici di Strasburgo hanno stabilito il divieto di utilizzazione degli embrioni umani per la ricerca scientifica, ribadendo che non possono in alcun modo essere ridotti a una proprietà. In altre parole, la vita umana non è un oggetto.

La recente sentenza, relativa al caso Parillo c. Italia, ha preso un’importante posizione in merito all’art. 13 della legge n. 40 del 2004, che disciplina le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Il presidente del Movimento per la vita, Gian Luigi Gigli, ha espresso grande soddisfazione per la decisione della Corte, auspicando che anche per i 60.000 embrioni umani congelati in Italia possa aprirsi una speranza di vita.[2]

La questione della crioconservazione degli embrioni impone una riflessione etica sul valore della vita umana, poiché con tali pratiche scientifiche sono messe in discussione le classiche categorie etiche – culturali: l’idea di matrimonio non è più concepito come luogo esclusivo di procreazione; il significato della paternità e della maternità è dissociato e lottizzato tra la sfera biologica e quella sociale; si paventa, addirittura, uno pesudodiritto al figlio[3]. Nelle righe che seguono, la riflessione parte da una domanda: se l’embrione non è un oggetto, cos’è? Per rispondere a questo non facile quesito proporremo due risposte attinenti a due ambiti di ricerca diversi: quello medico e quello giuridico.

  1. Medicina e biologia riconoscono l’embrione come persona.

In una società globalizzata come la nostra, uno degli strumenti migliori per sostenere le proprie idee è rifarsi ai progressi scientifici e agli studi di importanti e autorevoli scienziati. Degno di nota è quanto contenuto in un moderno manuale universitario di embriologia nel quale l’autore afferma che «lo sviluppo umano inizia dalla fecondazione, cioè il processo durante il quale il gamete maschile o spermatozoo si unisce ad un gamete femminile (ovulo) per formare una singola cellula chiamata zigote. Questa cellula totipotente altamente specializzata segna il nostro inizio come individuo unico […]. Uno zigote è l’inizio di un nuovo essere umano (cioè, l’embrione)»[4].
La scienza è concorde nel sostenere che a partire dal concepimento lo sviluppo dell’embrione è continuo, autonomo (autodiretto), finalisticamente orientato[5]. Insomma, la ricerca embriologica riconosce questo dato come incontrovertibile[6]. Ora, nel suo essere biologicamente un individuo umano, l’embrione deve essere considerato come “un altro”, al quale va riconosciuto il suo valore intrinseco di soggetto. Ed è proprio con riferimento a questo aspetto che si lega la prova giuridica.

  1. L’embrione e i suoi diritti. Breve analisi della giurisprudenza di Strasburgo

Proprio in virtù dello status di individuo, quindi di persona, l’embrione è (e deve essere) titolare dei diritti fondamentali riconosciuti a tutti gli uomini in quanto tali. Fra questi, come ha puntualmente affermato la stessa CEDU, vi è il diritto alla vita, primo e fondamentale presupposto di ogni altro diritto, principio essenziale delle moderne società democratiche.[7] In particolare, i giudici di Strasburgo, a proposito dello statuto dei diritti dell’embrione, avevano preso un’altra importante decisione[8] riconoscendo che, essendo già l’inizio della vita umana, l’embrione non può essere paragonato ad un oggetto e proprio per questo, come sostenuto nel caso in esame, non è brevettabile.

Queste decisioni, consolidando sempre più il soft law, cioè uno stato primordiale di opinio iuris che ne orienta la formazione, sono veramente un seme di speranza. Infatti, non servono soltanto a decidere il caso per il quale la Corte è stata attivata, bensì chiariscono, salvaguardano e sviluppano le norme della Convenzione, contribuendo a rafforzare gli impegni che gli Stati contraenti, come ad esempio l’Italia, hanno assunto in qualità di Parti Contraenti[9].

Insomma, la corte di Strasburgo «ha scritto una pagina decisiva per sottrarre la vita umana agli artigli dell’industria che la vorrebbe disponibile e passiva come una cavia».[10]

Soddisfatti per questo forte segnale giuridico, dobbiamo essere decisi e coesi nel nostro impegno per la difesa della vita. Lavoriamo, con instancabile abnegazione, per far germogliare questo seme di speranza.

Massimo Magliocchetti

(in “La Voce della Vita”, ed. ottobre 2015)


[1]              Di seguito indicata come CEDU.

[2]              La nota del presidente Gigli è stata pubblicata da www.siallavitaweb.it il 28 agosto 2015, il sito web d’informazione del Movimento per la Vita.

[3]              Cfr. L. Lorenzetti, L’ingegneria genetica e riproduttiva. Problemi etici., in «Credere oggi» – Anno VII, n.6 – 42, 1987, p. 50 – 61.

[4]              K.L. Moore, The developing human: clinically oriented embryology“, Saunders 2003, pp. 2, 16.

[5]              Cfr. C. Casini, “Le cinque prove dell’esistenza dell’uomo”, San Paolo, 2010, p.29.

[6]              Per approfondire la tema si consiglia la lettura di: A. Serra, “La realtà biologica del neo- concepito”, in La Civiltà Cattolica 126 (1975) III, pp. 9 – 23; A. Serra, “Embrione umano, scienza e medicina”, in La Civiltà Cattolica 138 (1987) II, pp. 247 – 261; A. Giuli, “Inizio della vita umana individuale, Basi biologiche e implicazioni bioetiche”, Aracne, 2005; C. Casini, “Le cinque prove dell’esistenza dell’uomo, alla radice della bioetica e della biopolitica”, San Paolo, 2010;

[7]              Cfr. Caso Mc Cann e altri c. Regno Unito, 27 settembre 1995, n. 146- 147; Caso Makaratzis c. Grecia, 20 dicembre 2004, ricorso n. 50385/99, §56.

[8]              Cfr. Brustle c. Greenpeace, Sentenza del 18 ottobre 2011.

[9]              Cfr. Irlanda c. Regno Unito, Sentenza del 18 gennaio 1978, p. 26.

[10]             F. Ognibene, Embrione umano, il diritto affermato., in Avvenire, 28 agosto 2015.

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L’adozione internazionale

Nel nostro paese, tra il 2000 e il 2010, sono stati moltissimi i casi di adozione internazionale, nonostante il periodo di crisi che ha caratterizzato l’Italia nel corso di questo decennio. Che cosa si intende però per adozione internazionale?

L’adozione internazionale è l’adozione di un bambino straniero fatta nel suo paese, regolata dalle autorità e dalle leggi di quest’ultimo. Perciò si tratta di un istituto giuridico che consente l’acquisto della qualità di figlio legittimo dei coniugi adottanti, con nazionalità diversa, facendo così cessare qualsiasi legame giuridico con la famiglia biologica (artt. 29bis e 40 legge 184/83).

Con la legge 184/83 le adozioni internazionali furono numerose e la cosa era buona in parte, poiché se da un lato si diminuivano i casi di abbandono dei minori provenienti da paesi con maggiori difficoltà, da un lato si rischiava di avere delle inevitabili vere e proprie compravendite dei suddetti minori. Fu proprio per evitare quest’ultimo evento che fu istituita, dalla comunità internazionale, la Convenzione dell’Aja nel 1993, ratificata in Italia con la riforma della vecchia legge 184/83 con la 476/98, che , all’art. 29 disciplina in modo più complesso il regime dell’adozione internazionale, offrendo maggior sicurezza al minore e un migliore sostegno alle coppie, lasciando invariati i requisiti degli adottanti e gli effetti dell’adozione. Quali sono questi requisiti?

La procedura di adozione internazionale è molto complessa ma soprattutto si rifà ai requisiti previsti per l’adozione nazionale (ex art.184/83). Infatti per poter adottare è necessario essere coniugi uniti in matrimonio da almeno 3 anni, o in numero minore se i coniugi hanno convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo anch’esso di tre anni; i coniugi in oltre devono superare i 18 anni e non avere più di quarantacinque anni di differenza con l’adottando (art. 6 legge 184/83). Altro requisito fondamentale è che i genitori devono essere idonei ad educare ed istruire, ed in grado di mantenere i minori che intendono adottare.

Se i coniugi sono idonei ai requisiti previsti dall’art. 6, dovranno presentare una dichiarazione di disponibilità all’adozione internazionale al tribunale dei minori dove sono residenti; successivamente gli Enti locali svolgeranno delle indagini per verificare l’effettiva idoneità dei requisiti dei coniugi, conoscendoli e valutandone le potenzialità genitoriali; dopo un’attenta analisi verrà stilata una relazione che sarà consegnata al tribunale dei minori che, se vorrà,compirà altri approfondimenti e infine se deciderà se rilasciare o meno un decreto di idoneità oppure stilare un decreto di insussistenza di adozione.

Entro un anno, se ricevuto il decreto di idoneità, i coniugi debbono iniziare la procedura di adozione internazionale, rivolgendosi ad uno degli enti autorizzati della Commissione per le adozioni internazionali.

L’ente svolge le complesse pratiche della procedura di adozione e trasmette tutta la documentazione relativa al bambino alla Commissione per le adozioni internazionali. Successivamente, la Commissione autorizza l’entrata in Italia del bambino e dopo un periodo preadottivo, il tribunale invita a concludere la procedura con la trascrizione dell’adozione nei registri civili da parte dei due coniugi.

Esso è un istituto giuridico molto complesso e molto lungo da sviluppare, ma garantisce un’effettiva tutela per quei minori che ancora oggi si trovano in situazioni di abbandono, in paesi che ,purtroppo, non riescono a garantirgli quei diritti e quelle tutele di cui hanno bisogno.

 

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L’adozione come alternativa all’aborto

L’adozione come alternativa all’aborto

Di fronte ad una gravidanza inaspettata o non voluta, spesso, si rimane inermi e incapaci di trovare soluzioni. Purtroppo, il più delle volte la scelta abortiva sembra essere l’unica decisione possibile. Non è così: infatti, una valida alternativa all’interruzione di gravidanza è proprio l’adozione. Madre Teresa fu una dei primi personaggi pubblici a proporre quest’ alternativa.

Una testimonianza d’amore. – Nel 1979 a Madre Teresa di Calcutta fu assegnato un prestigiosissimo premio culturale presso l’Accademia dei Lincei di Roma: il premio Balzan “per l’umanità, la pace, la fratellanza tra i popoli”. Durante la premiazione, nel rispondere alle domande di alcuni giornalisti, si soffermò sulla tema dell’aborto. I giornalisti, dopo aver obiettato alcune risposte date da Madre Teresa, chiesero se la qualità della vita non fosse più importante della nascita. La suora albanese rispose: «Vi dirò qualcosa di sconvolgente. Noi combattiamo l’aborto con l’adozione. Così salviamo migliaia di vite. Abbiamo sparso la voce nelle cliniche, negli ospedali, nei posti di polizia: “non uccidete i bambini, di loro ci prenderemo cura noi”». Questa straordinaria testimonianza d’amore ci invita a una riflessione.

Perché l’adozione si pone come alternativa all’aborto? – Portare avanti una gravidanza, anche se inaspettata o non voluta, con la prospettiva di regalare al nascituro la vita, non è soltanto una scelta eticamente giusta ma una prova di umanità. Nonostante esista una concreta sofferenza della donna durante la gravidanza che deve essere alleviata e accompagnata, il diritto alla vita del nascituro non può essere in alcun modo subordinato a scelte arbitrare del tutto soggettive. Il parto in anonimato e l’istituto dell’adozione sono il giusto compromesso: se da un lato è tutelato il diritto della donna a non vedersi riconosciuta la maternità, almeno legalmente, dall’altro viene garantito il diritto alla vita del figlio e quello del minore ad una famiglia.

Una proposta concreta – Fermo restando quanto detto sopra, sebbene esistano vari modelli di adozione, da quella legale a quella a distanza, da quella nazionale a quella internazionale, il Cav Roma Talenti, tra i suoi numerosi progetti, ne promuove un molto particolare: il Progetto Gemma. Nasce nel 1994 da un’intuizione del Movimento per la Vita, consiste in un servizio per l’adozione prenatale a distanza di madri in difficoltà che sono tentate di non accogliere il proprio bambino. Una mamma in attesa nasconde sempre nel suo grembo una gemma (un bambino) che non andrà perduta se qualcuno fornirà l’aiuto necessario. Il Progetto Gemma offre a una mamma un sostegno economico che le può consentire di portare a termine con serenità il periodo di gestazione, accompagnandola nel primo anno di vita del bambino.

Ilaria Paciullo

(in “La voce della Vita”, ed. ottobre 2015)

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Juno, una commedia anticonformista.

Juno è un film americano del 2007 diretto da Jason Reitman. La protagonista è una ragazza sedicenne rimasta incinta dopo un rapporto con il suo migliore amico Paulie. e decide di abortire per eliminare il “problema”. Prende appuntamento alla clinica, si presenta lì il giorno prestabilito, ma mentre compila il modulo scappa. Riconoscendosi troppo giovane per poter tenere il bambino, la scelta successiva è quella di darlo in adozione. Con l’aiuto della migliore amica Leah trova sul giornale una possibile famiglia e poi comunica ai genitori la sua decisione.

film_juno_2Juno e il padre incontrano la coppia e firmano i documenti. La ragazza inizia così a frequentare la loro casa per tenere aggiornati i coniugi riguardo la gravidanza. Sin dall’inizio si trova bene con il marito Mark, un tipo giovanile, con il quale condivide la passione per la musica e per i film horror, mentre vede Vanessa, la moglie, un po’ troppo rigida. La sua amicizia con Mark col tempo si fa ambigua, tanto che un giorno lui le confessa la decisione di lasciare la moglie per potersi frequentare con lei. Juno è sconvolta, cerca di farlo ragionare per il bene del bambino. Quando Vanessa torna dal lavoro Mark non ne vuole sapere, e confessa a Vanessa di non essere pronto per avere figli. Juno decide di affidare comunque il bambino a Vanessa.

Di questo film colpisce la leggerezza con cui sono trattati i temi, dall’amore all’amicizia, dall’aborto aborto alla libertà, senza fare mai la morale. Si limita a raccontare una storia possibile, una storia presa dalla realtà.

Il filo conduttore della pellicola è sicuramente l’umorismo. Juno con i suoi comportamenti ti strappa un sorriso, riuscendo a mettere in scena delle situazioni comiche.

Pur non essendo uno dei miei film preferiti, trovo notevole l’interpretazione della protagonista Ellen Page, che è riuscita a costruire un personaggio ricco di sfumature.

Da apprezzare inoltre il tono leggero con cui è raccontata la storia. Il fulcro è sicuramente la scelta di vita della madre per il bambino, una vita migliore di quella che avrebbe potuto dargli lei.

In fine, Juno non affronta da sola questa gravidanza. Paulie, la sua migliore amica e sopratutto i genitori le sono accanto e solo grazier al loro supporto la ragazza riesce a superare le difficoltà . Sfortunatamente non sempre in questa situazione nell’ambiente familiare si trova un aiuto: qui il CAV cerca di intervenire, sostenendo le donne in questo delicato momento.

Giulia Maria Gallo

(in “La Voce della Vita”, ed. ottobre 2015)

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Copertina “La Voce della Vita” – ottobre 2015

Edizione Ottobre 2015

Rivista Cav- Copertina Ottobre 2015

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Le culle per la vita

Tra i molteplici progetti nati in Italia per combattere l’abbandono infantile vogliamo porre in evidenza “Culle per la vita”. In cosa consiste questa iniziativa? Si tratta di una possibilità di accoglienza utile a evitare un estremo gesto di rifiuto.

culla per la vita

La culla per la vita è un adattamento moderno e tecnologicamente avanzato della medievale Ruota degli Esposti, il cui primo esemplare comparve nel 1188 nell’ospedale dei Canonici di Marsiglia (Francia). Consisteva in un semplice cilindro ligneo, posto nel vano di una finestra sul fronte strada di un edificio, che ruotava su un perno. La persona addetta all’accettazione, allertata da un campanello, faceva girare l’apertura e accoglieva il neonato. Le ruote si diffusero rapidamente su tutto il territorio nazionale, arrivando al ragguardevole numero di circa 1200 verso la seconda metà dell’Ottocento. Con il passare del tempo non mancarono tuttavia contestazioni e polemiche che portarono alla chiusura di tutte le ruote degli esposti, nel 1923. Per sette secoli e mezzo questo semplice apparecchio aveva salvato migliaia di bambini; bisognerà attendere il 1992 per sentir parlare ancora della ruota (definita ora “cassonetto per la vita”) riadottata dal coraggioso dott. Giuseppe Garrone, fondatore del Movimento per la Vita di Casale Monferrato. Egli si è fatto promotore della riapertura di una rivisitazione, più tecnologica e strutturata, dell’antica ruota degli esposti.  Da questo momento in poi le culle sono tornate a popolare il territorio italiano, e continuano a salvare migliaia di bambini dal triste fenomeno dell’abbandono.

Le culle sono tutt’oggi presenti. “Culle per la vita” si vuole proporre come alternativa forte e necessaria all’abbandono dei neonati, e come tale difende la vita ad ogni costo, affinché essa sia garantita a ogni bambino.

Giacomo Paradisi

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La famiglia adottiva: le fasi e i compiti di sviluppo

(in “La Voce della Vita” ed. ottobre 2015)

12041763_1138696479477051_1156780292_nDal latino “ad optare”, tendere al desiderio, gli attribuiamo il significato di “far entrare in una famiglia un bambino nato da altri”.

La storia dell’adozione inizia nell’antico Egitto, e ne troviamo traccia già nel codice di Hammurabi. Tuttavia solo dagli anni ’70 si approda ad un nuovo concetto di adozione, in cui il bambino è posto al centro, insieme al suo bisogno di essere inserito in un contesto favorevole e familiare, nel quale ricevere le cure necessarie per trascorrere una vita serena e ricca di amore. Lo scopo primario è quello di dare una famiglia a coloro che ne sono privi e solo successivamente, come fine secondario, quello di donare un figlio a chi non ne ha.

Nella selezione delle famiglie idonee all’adozione sono privilegiate quelle che hanno già uno o più figli.

Lo scopo principale dell’adozione consiste nel dare una famiglia a minori in stato di abbandono, privi di assistenza da parte dei propri genitori o parenti.

In una famiglia adottiva è di vitale importanza non pensare all’adozione come ad una nuova nascita, un nuovo inizio, cercando di dimenticare il passato, ma piuttosto sapere e informarsi sulle motivazioni dell’abbandono del bambino, conoscere il suo trauma per permettergli di superarlo, senza tuttavia spezzare ogni legame con la sua cultura. In poche parole, i genitori devono aiutare il bambino a recuperare la continuità con il proprio sé.

La condizione dell’adozione si contraddistingue come precaria, data dalla rottura, per il bambino, del suo legame primario, dal cambiamento del suo cognome, dallo sradicamento dal territorio in cui è nato o vissuto o, nel caso dell’adozione internazionale, dal proprio contesto culturale. Proprio per questo è necessario intendere come protagonisti dell’adozione non solo i bambini e i nuovi genitori, ma anche i genitori biologici che continueranno sempre e comunque ad avere un ruolo primario durante la vita dell’adottato.

È fondamentale che i genitori adottivi aiutino il bambino a porre ordine nella propria vita, e a riordinarne i pezzi.

Come per tutte le famiglie, anche per quella adottiva si parla di ciclo di vita, diviso in fasi.

La prima possiamo chiamarla “fase generativa”, in cui la coppia vive il suo normale percorso. Questo viene interrotto in un dato momento dalla consapevolezza della propria sterilità. E da adesso la coppia deve rivedere tutto il suo progetto: la famiglia non sarà più come l’avevano immaginata, il bambino come loro pensavano. E’ necessario passare dall’idea del progetto biologico a quella adottiva.

I compiti di sviluppo di questa coppia consistono nell’ elaborare la sterilità, ridisegnare il proprio progetto di generatività e rendere partecipe la propria famiglia dell’idea di adozione.

Questo terzo compito di sviluppo è molto importante, in quanto l’adozione rende partecipe non solo la coppia genitoriale, ma tutta la famiglia, inclusi nonni, zii, i cugini ecc…

Il quarto compito è quello di accettare l’attesa come momento di preparazione all’incontro adottivo. Il quinto ed ultimo, valutare l’abbinamento e creare uno spazio emotivo per accogliere il bambino.

La seconda fase è la formazione, fondamentale in quanto segna il passaggio dalla diade coniugale alla triade familiare. Anche qui possiamo riscontrare dei precisi compiti di sviluppo, legati all’inserimento del bambino nella famiglia:

  • costruire la genitorialità adottiva
  • legare tra di loro le generazioni inserendo nella famiglia un’origine diversa
  • sostenere il figlio nel suo inserimento sociale

L’elemento principale nella famiglia adottiva, e in generale in tutte le famiglie, è la centralità del bambino e dei suoi bisogni.

Chiara Nardi

 

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Quando la mamma vuole rimanere segreta

(in “La Voce della Vita” ed ottobre 2015)

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Non tutte le donne riescono ad accogliere e sostenere la loro maternità. E’ bene sapere che in Italia, come in altri paesi del mondo, è possibile partorire in anonimato in tutte le strutture sanitarie nazionali, così da ricevere un’adeguata assistenza sia sanitaria che psicologica per compiere una scelta libera e responsabile. Continua a leggere

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“LETTERA A UN BAMBINO MAI NATO” -A chi si pone il dilemma di dare la vita o negarla

(in “La Voce della Vita” ed. ottobre 2015)

Oriana-Fallaci-Rai-Uno-febbraioE’ il Settembre del 1975 quando tra gli scaffali delle librerie si affaccia “Lettera a un bambino mai nato”: fondo bianco, doppia cornice sottile rossa e nera, letterina essenziale, nessuna immagine. Il successo è immediato e, nel giro di pochi mesi, il libro tocca la tiratura di 400.000 copie. Complice, in parte, la fama della Fallaci, in parte il dibattito sulla legalizzazione dell’aborto che, in quegli anni, catalizzava l’attenzione dell’opinione pubblica. Il 22 Maggio del ’78, difatti, l’Italia approverà la cosiddetta “194” che tramuterà l’aborto da reato in “diritto”.
“Non sono io la donna del libro,” risponde la Fallaci in un’intervista del 6 Ottobre 1975 ed è tuttavia innegabile quanto, di pagina in pagina, echeggi il ricordo di quell’Oriana che appena due anni prima, nel 1973, perse il bambino concepito con Alekos Panagulis.
D’altra parte, molto viene lasciato all’immaginazione; della protagonista non conosciamo né nome, né età, né volto. Solo poche, nebulose informazioni strappate qua e là tra le pagine del libro: donna in carriera, indipendente, nubile e tuttavia in dolce attesa. Sparute figure popolano il deserto in cui la protagonista si trova ad affrontare la propria gravidanza: un fantomatico amante, la cui presenza è per lo più una voce distante, appena udibile dall’altro capo di un telefono; un’amica, reduce da quattro aborti, e il dottor Munson, medico retrogrado e moralista.

gallery fallaciLa vicenda è appena lo scheletro del libro, il cui tragico epilogo è già intuibile dal titolo. Non rivelerò dunque le cause per cui la protagonista non riuscirà a dare alla luce questo bambino, prima indesiderato, poi ardentemente voluto. Parlerò del lungo dialogo tra una madre e il figlio custodito in grembo, del monologo di una donna a quella minuscola “goccia di vita scappata dal nulla”, di cui, una notte, nel buio, aveva con certezza percepito la presenza. “Esistevi”.

E dal momento che esisteva diventava un individuo in carne ed ossa e un cervello proprio, in grado di ascoltare e comprendere. “Bambino, e se nascere non ti piacesse? E’ una guerra che si ripete ogni giorno, e i suoi momenti di gioia sono parentesi brevi che si pagano un prezzo crudele.” Con questo incipit inizierà una lunga riflessione, cinica e struggente, su temi come vita, libertà e amore, sul dilemma se sia giusto dare la vita e rinunciare alla propria libertà per darla. Parlerà con il suo bambino senza mai porsi il problema di quante settimane, mesi o anni avesse, rendendo la scelta tra aborto e maternità impossibile se non a prezzo della propria stessa morte.

La conclusione la porta ad ammettere che si, in fondo anche il dolore è da preferire al nulla, al vuoto. “Perché nulla è peggiore del nulla. Io temo il niente, il non esserci, il dover dire di non esserci stato. E se allargo questo alla vita, finisco con l’esclamare che nascere è meglio di non nascere.”

Alessandra Fioretti

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Planned Parenthood: dove la disumanità è business

Una piccola panoramica sul caso delle cliniche abortive del gruppo statunitense Planned Parenthood e le loro pratiche disumane e illegali

Foto articolo EmilianoUn caso è scoppiato nelle ultime settimane e ha scosso le coscienze dell’opinione pubblica a livello internazionale: il caso Planned Parenthood. Andiamo con ordine: cos’è Planned Parenthood? Continua a leggere

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Adozione o pma: un problema etico e sociale

(in “La Voce della Vita” ed. ottobre 2015)

Per molti bambini in stato di abbandono è sempre più complicato trovare una famiglia che li accolga. Nonostante il nostro paese sia ai primi posti per numero di adozioni, la crisi ha compromesso uno dei principali requisiti per l’idoneità all’adozione, quello della stabilità economica. Inoltre, le coppie che decidono di adottare sono costrette a intraprendere un iter complesso, lungo e dall’esito incerto, motivo che spesso scoraggia e spinge alla rassegnazione o alla ricerca di alternative.

Tra queste troviamo la fecondazione assistita (pma, procreazione medicalmente assistita). Essa rappresenta una scelta appetibile non solo per le difficoltà relative all’adozione, quanto per il fatto che al contrario di questa offre la possibilità di avere un figlio biologico, frutto dell’unione dei corredi genetici dei due coniugi. È d’altronde legittimo desiderare un figlio che abbia i caratteri della madre e del padre. Tuttavia sorge un problema di natura etica, relativo non tanto allo snaturamento della procreazione all’interno della fecondazione assistita (critica operata dai più conservatori) quanto alla conseguente maggiore difficoltà di essere adotati per i bambini abbandonati.

Preferire la PMA all’adozione significa dimenticarsi di chi ha bisogno, di quei bambini che necessitano al più presto di una famiglia. Il problema etico diventa così un problema sociale, risolvibile solo attraverso un vero approccio personalista che metta al primo posto l’accoglienza e la solidarietà per coloro che sono già venuti al mondo e hanno sperimentato subito l’abbandono. Il problema della PMA non consiste quindi in una pura speculazione di bioetica, ma nella constatazione di una realtà concreta, nella quale lo stato deve entrare nel merito, cercando di semplificare i procedimenti di adozione al fine di incoraggiare a questo istituto.

Le scelte in ambito di filiazione sono di natura personale, e tuttavia con un chiaro eco sociale. E’ bene quindi essere consapevoli che anche l’adozione permette di vivere appieno, sebbene con sfumature differenti, la maternità e la paternità.

Mattia Patriarca

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Sicilia, caporalato sessuale e aborti

Articolo pubblicato su Avvenire il 2 ottobre 2015, p.12
nella pagina a cura del Movimento per la Vita

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Sono più di un migliaio le giovani, soprattutto romene, schiave del caporalato sessuale perpetrato dai proprietari delle serre ortofrutticole siciliane.
A denunciare la tragica realtà, soffocata dall’omertà degli abitanti, è stato un coraggioso parroco di Vittoria (Ragusa), don Beniamino Sacco. Le giovani immigrate sono sfruttate nei campi dell’orrore, violentate sessualmente e costrette ad abortire, spesso in condizioni di clandestinità.

La loro giornata inizia all’alba. Dai fatiscenti casolari impiegati come abitazioni di fortuna, si avviano in gruppo verso le calde serre dei loro padroni, consapevoli che dopo il duro lavoro dei campi, come se non bastasse, sarà consumato l’ennesimo abuso. I loro volti sono segnati dalla sofferenza e dalla stanchezza: sono costrette, infatti, a lavorare dalle dieci alle dodici ore al giorno tra le bianche tele di plastica delle serre, senza misure di sicurezza né tanto meno con un salario dignitoso. Hanno un solo obiettivo: sopravvivere. La dipendenza assoluta e la mancanza di alternative costringe le giovani romene a divenire vere e proprie schiave del sesso. Un orribile ricatto priva loro della dignità ferendole nel profondo.

Omertà e ipocrisia prevalgono sull’indignazione. Tutti sanno ma nessuno si mobilita. Tutti tranne uno. Don Beniamino ha abbattuto il muro del silenzio. La sua è una coraggiosa denuncia volta a ridare dignità a queste giovani donne. Nonostante le numerose minacce ricevute dagli uomini delle campagne dell’orrore, padre Beniamino non si ferma. La sua battaglia si sviluppa su due binari paralleli: la denuncia dello sfruttamento sessuale e quella degli aborti forzati.

Quest’ultima si presenta come una tragedia nella tragedia. Da alcuni anni Vittoria è il primo comune in Italia per numero di aborti legali in proporzione agli abitanti. Il caporalato sessuale ne è una delle maggiori cause, sebbene non sia l’unica. Alcune donna richiedono l’Igv più volte nel giro di un anno. Accompagnate dai loro padroni, sottoposte a ricatti e violente pressioni, sono costrette a rinunciare alla loro gravidanza per insabbiare l’abuso subìto. Altre donne, dopo viaggi estenuanti vengono fatte abortire nei paesi di origine. Altre sono sottoposte ad aborti in ambienti clandestini e malsani.

Urge una mobilitazione nazionale per fermare questa drammatica realtà. Interrompere il muro omertoso su questa vicenda non è solo un atto di civiltà verso queste giovani donne: deve diventare un imperativo categorico, soprattutto per quanti, come noi del Mpv, sono in prima a linea nel prevenire e contrastare l’aborto. Non lasciamo solo Don Beniamino.

Massimo Magliocchetti

©Riproduzione riservata

A Maria Luisa,
con stima e affetto.

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Roma: Al senato nasce la consulta delle associazioni per tutela gravidanza

“Si terrà al Senato, mercoledì 23 settembre alle ore 12, presso la Sala stampa dell’Istituto Isma in Piazza Capranica 72 a Roma, la presentazione ufficiale della Consulta delle Associazioni per la Tutela della Gravidanza e per la Sicurezza Feto-Neonatale (COESI) animata dallo slogan “Oltre il tabù, per avere voce, per illuminare di conoscenza” e composta dalle Associazioni “Pensiero Celeste”, “La Quercia Millenaria Onlus”, “Piccoli Angeli”, “Genitori di una Stella”, “Safety &Life” “SOS Pma” operanti nel settore, segnatamente sul versante dell’attenzione verso la morte perinatale e la sicurezza nella maternità. La Consulta – spiegano i rappresentanti delle Associazioni – nasce dalla inderogabile urgenza di dare una voce univoca ed istituzionale ad un comparto medico-sociale fortemente frammentato, che stenta a farsi riconoscere e quasi mai è riuscito ad interloquire con gli organi istituzionali  su argomenti delicati e sempre più lasciati ai margini dell’attenzione sociale, come la corretta informazione sui rischi della gravidanza, la prevenzione e la gestione della morte perinatale”. “La presentazione della Consulta in questo momento ha un valore simbolico – spiegano Andrea Napoli e Carmela Cassese, Presidente e Coordinatore della Consulta – a poche settimane dalla giornata internazionale della Consapevolezza sulla morte perinatale che vogliamo venga istituzionalizzata attraverso una legge, riempiendola finalmente di significato e inaugurando una stagione nuova fatta di conoscenza, formazione e consapevolezza da parte della società civile”. La conferenza sarà aperta dai saluti dei Senatori Aldo Di Biagio e Laura Puppato. Per accreditarsi inviare mail a ufficiostampacoesi@gmail.com.

Fonte: http://www.agenparl.com/roma-al-senato-nasce-la-consulta-delle-associazioni-per-tutela-gravidanza/

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